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Papa Woytila - Encicliche - Parrocchia Cattolica di San Giovanni Evangelista

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San Giovanni Evangelista
parrocchia in Quartu dal 1986
KAROL WOJTYLA
ENCICLICHE

Redemptor Hominis (4 marzo 1979)

La prima enciclica di  Giovanni Paolo II è una lettera inviata a tutti i fedeli e a tutti gli  uomini all'inizio del suo pontificato. Già nel titolo è sintetizzata  l'intera concezione della fede, della cultura, del compito della Chiesa  al termine del secondo millennio. Il nuovo papa indica innanzitutto un  metodo per scoprire e vivere la verità, la bellezza e la grandezza  dell'identità cristiana. Nella prima parte Giovanni Paolo II manifesta  la sua preoccupazione di raccogliere in pieno l'eredità dei precedenti  pontificati, con un'attenzione particolare all'eredità del Concilio  Vaticano II. Giovanni Paolo II afferma che il Concilio non si può ancora  considerare pienamente attuato perché l'insegnamento del Concilio non è  ancora diventato patrimonio della coscienza del popolo cristiano. Non  basta cambiare la liturgia, occorre dare un nuovo significato  all'appartenenza alla Chiesa. Nel resto dell'enciclica Giovanni Paolo II  affronta il tema della centralità di Cristo nel cosmo e nella storia.  Sono già messi in evidenza, dunque, alcuni elementi fondamentali di  questo papato.


Dives in Misericordia (4 marzo 1979)

Il punto di partenza è ancora  il Concilio Vaticano II. Secondo Giovanni Paolo II uno degli  insegnamenti basilari dell'esperienza conciliare è il tentativo si  superare la contrapposizione teocentrismo/antropocentrismo che ha  caratterizzato tutte le varie correnti del pensiero umano. Compito della  Chiesa è congiungere queste due visioni nell'uomo in maniera profonda.  Riprendendo Giovanni, Wojtyla afferma che Dio è visibile nella sua  misericordia. Ma la vita contemporanea sembra distogliere l'uomo dal  concetto stesso di misericordia: basti pensare allo squilibrio tra paesi  industrializzati e paesi sottosviluppati. Il progresso tecnologico  consentirebbe il superamento di molte sofferenze, ma ovunque sembra  trionfare il consumismo, l'esaltazione del godimento. Occorre perciò  "attingere nell'eterno per affrontare le grandi preoccupazioni  contemporanee". Partendo dal Vecchio Testamento (Isaia) e passando poi  al nuovo (la parabola del Figliol Prodigo), Giovanni Paolo II arriva a  toccare temi di attualità, con riferimenti espliciti a realtà quali Onu,  Unesco, Fao. Il compito della Chiesa è "attuare la misericordia" per  rendere la vita degli uomini "giusta sotto ogni aspetto".


Laborem Exercens (14 settembre 1981)

A novant'anni dalla  pubblicazione della "Rerum Novarum! di Leone XIII, papa Wojtyla dedica  la sua terza enciclica al lavoro o, meglio, all'uomo nel contesto del  lavoro. Il lavoro è interpretato come la chiave essenziale della  questione sociale, la cui soluzione deve essere ricercata nel "rendere  la vita umana più umana". Il lavoro ha quindi un'importanza fondamentale  e decisiva. Per determinare il suo valore non bisogna considerare il  lavoro che si compie, ma il fatto che colui che lo esegue è una persona.  Le fonti della dignità del lavoro non vanno dunque cercate nella sua  dimensione oggettiva, ma nella dimensione soggettiva. Sparisce quasi, in  tale visione, il fondamento della divisione degli uomini in ceti. Ma  non perché il lavoro umano non debba essere valorizzato e qualificato.  Più semplicemente, il primo fondamento del valore del lavoro è l'uomo  stesso. La conclusione è che il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il  lavoro. E' quindi un attacco all'interpretazione marxiana del lavoro  come merce, venduto dal lavoratore al datore di lavoro. Ma è anche una  critica al capitalismo, laddove esso tratti l'uomo come uno strumento e  non come una persona.
Giovanni Paolo II riconosce il  ruolo fondamentale dei sindacati e dei movimenti operai nella difesa e  nella promozione dei diritti dei lavoratori. Condanna altresì, senza  appello, qualsiasi tentativo di realizzare riforme "mediante  l'eliminazione aprioristica della proprietà privata dei mezzi di  produzione". La seconda parte dell'enciclica è una disamina attenta e  puntuale su tutte le tematiche connesse al lavoro: disoccupazione,  emigrazione, questioni salariali, discriminazioni di minoranze, handicap  e lavoro. Il diritto al lavoro è interpretato come diritto umano, cioè  come diritto della persona. E' da questa enciclica che molti osservatori  cominciano a parlare di "interventismo sociale" di Giovanni Paolo II.


Slavorum Apostoli (2 giugno 1985)

Una delle encicliche meno  note di Giovanni Paolo II è il ricordo e l'esaltazione dell'opera  evangelizzatrice nelle nazioni slave da parte dei Santi Cirillo e  Metodio nel IX secolo. Wojtyla ricostruisce ampiamente la storia dei due  fratelli di Salonicco inviati dall'imperatore di Bisanzio e dal  patriarca della Chiesa di Costantinopoli nei territori dell'Europa  orientale a diffondere il Verbo. Il grande merito di Cirillo e Metodio è  stato quello di aver edificato la chiesa in modo pacifico e di aver  conservato l'unità della fede tra le Chiese di Roma e Costantinopoli e  le Chiese nascenti nell'Est. Tradussero il Vangelo dal greco e  adottarono la lingua slava per la liturgia. Ancora una volta Wojtyla si  richiama al Concilio Vaticano II, indetto da Giovanni XXIII per  "risvegliare l'autocoscienza della Chiesa attraverso il rinnovamento  interiore". La cattolicità, per Giovanni Paolo II, si manifesta nella  corresponsabilità e nella collaborazione di tutti in favore del bene  comune. La speranza è di arrivare presto al superamento delle divisioni  tra le Chiese, le nazioni e i popoli. E' possibile vedere in controluce  un parallelo tra l'opera dei fratelli santi nel IX secolo e la missione  di Wojtyla nel Ventesimo. In comune ci sono la forte volontà  evangelizzatrice, la propensione al dialogo senza mai scalfire la  centralità della Chiesa romana.


Dominum et vivificantem (18 maggio 1986)

E' una delle encicliche più  prettamente "teologiche" di Giovanni Paolo II, incentrata interamente  sullo Spirito Santo. Lo studio parte dai concili di Nicea (325) e  Costantinopoli (381) nei quali il dogma venne formulato e promulgato per  passare alle encicliche. Leone XIII prima (con "Divinum illud munus",  nel 1897) e Pio XII (con "Mystici Corporis", nel 1943) avevano già  realizzato encicliche interamente dedicate allo Spirito Santo. Giovanni  Paolo II si ripropone di avviare un nuovo studio e un nuovo culto. Lo  Spirito Santo, con il suo misterioso legame di comunione col Cristo, è  il realizzatore della continuità della fede. L'incontro con l'uomo  avviene nel cuore, "luogo recondito dell'incontro salvifico".


Redemptoris mater (25 marzo 1987)

Il tema di questa enciclica è  lo studio della madre del Cristo in prospettiva del Giubileo 2000.  Riprendendo le tesi del Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II ricorda  la centralità riconosciuta a Maria come "mediatrice divina" tra la  divinità e l'uomo. Il Concilio esaltava la sua comparsa in anticipo  rispetto al Cristo sulla storia della salvezza. Wojtyla dà risalto alla  sua fede nella rivelazione, accostandola ad Abramo: "Beta colei che ha  creduto". Un altro aspetto esaltato è la sua sofferenza sotto la croce.  Una sofferenza enorme ma accettata nella comprensione del disegno  divino. Maria è quindi una figura fondamentale nel cammino della Chiesa e  nel suo nome si deve lavorare per l'unità di tutti i cristiani. Per  tutti questi motivi Giovanni Paolo II conclude l'enciclica indicendo un  Anno Mariano che comincerà il 7 giugno, giorno di Pentecoste.


Sollecitudo rei socialis (30 dicembre 1987)

Nel ventesimo anniversario  dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI, Wojtyla si occupa del  dovere della Chiesa di intervenire con sollecitudine nelle questioni  sociali per uno sviluppo autentico della persona. E' il Vangelo che  indica le linee portanti di questa azione della Chiesa. Giovanni Paolo  II descrive le problematiche relative allo sviluppo e traccia una  panorama del mondo contemporaneo, afflitto da un divario sempre più  aspro tra Nord e Sud del mondo, da varie forma di imperialismo, da un  crescente predominio dell'avere sull'essere. La soluzione a questi  problemi va ricercata attraverso una lettura teologica dei problemi  moderni. La liberazione di tutti i popoli passa attraverso la  liberazione dal peccato, l'ostacolo più grande di tutti.


Redemptoris missio (7 dicembre 1990)

Viene qui ribadita e  attualizzata la necessità dell'attività missionaria.Questa attività deve  estendersi fino agli estremi confini della Terra, con un'attenzione  particolare a due aree: il Sud e l'Oriente. Ma non si tratta di un'opera  rivolta soltanto ai popoli non cristiani: ci sono molti mondi e  fenomeni sociali nuovi che meritano attenzione. Troppo spesso l'uomo è  schiacciato in quella che Wojtyla definisce "dimensione orizzontale". E'  necessario dare a tutti la possibilità di un'apertura verso l'Assoluto.  Non si tratta né di tattica né di interesse: la fede in Cristo è una  "proposta alla libertà dell'uomo". L'opera missionaria si realizza  incoraggiando la formazione di chiese locali e proseguendo nel dialogo  ad gentes. E' un lavoro appena agli inizi ha come finalità il  rinnovamento della fede e della vita cristiana.


Centesimus annus (1 maggio 1991)

E' la prima enciclica dopo il  crollo del comunismo, a cento anni esatti dalla pubblicazione della  "Rerum Novarum" di Leone XIII. Giovanni Paolo II esamina gli errori  compiuti dal socialismo nel tentativo di risolvere i problemi sociali.  Il rimedio - sostiene - si è rivelato peggiore del male. Errore  fondamentale del marxismo è di carattere antropologico: aver considerato  l'uomo come una molecola dell'organismo sociale ha finito col ridurre  la vita ad una mera somma di relazioni sociali, facendo scomparire il  concetto di persona come soggetto morale. Analizzando gli avvenimenti  del 1989, Wojtyla sottolinea come "la crisi del marxismo non elimina nel  mondo le situazioni di ingiustizia e di oppressione". E' pericoloso  affidare al libero mercato la soluzione di problemi tanto vasti.  L'economia deve sempre essere al servizio dell'uomo e non viceversa.  Giovanni Paolo II attacca anche la Teologia della liberazione, definendo  impossibile qualsiasi compromesso tra cristianesimo e marxismo.  Ribadendo il valore sociale della proprietà privata (già teorizzato da  Leone XIII), Wojtyla sostiene che la dottrina sociale deve mirare alla  centralità dell'uomo dentro la società.


Veritatis splendor (6 agosto 1993)

E' un'enciclica rivolta  espressamente ai vescovi su alcune "questioni fondamentali  dell'insegnamento morale della Chiesa". Secondo Giovanni Paolo II è  infatti necessario riflettere sull'insieme dell'insegnamento cristiano  perché si è verificata una nuova situazione entro la comunità. Si  tratta, in sostanza, di un richiamo all'ordine per tutti quei settori  della Chiesa che hanno alimentato il sorgere di "molteplici dubbi e  obiezioni". E' il richiamo più severo alla centralità della Chiesa  romana e la chiusura definitiva nei confronti della Teologia della  liberazione.


Evangelium vitae (25 marzo 1995)

L'undicesima enciclica di  Giovanni Paolo II è un appello all'umanità (non solo alla Chiesa)  affinché venga rispettata la grandezza e la preziosità della vita umana.  C'è la condanna esplicita e senza appello di tutto ciò che è contro la  vita (omicidio, genocidio, aborto, eutanasia, suicidio), che viola  l'integrità della persona umana (mutilazioni, torture fisiche e  psicologiche) o che offende la dignità umana. Al di là di questo appello  generico, l'enciclica è interessante soprattutto nell'attenzione per i  "nuovi e ancora più iniqui delitti contro la vita". E' chiaro il  riferimento all'ingegneria genetica e alle varie forme di manipolazione  dell'embrione. Il richiamo al Vangelo deve perciò impedire che la stessa  coscienza dell'uomo finisce col non distinguere più tra il bene e il  male.


Ut unum sint (25 maggio 1995)

E' il richiamo all'unità di  tutti i cristiani attraverso il superamento di tutti i fraintendimenti e  i pregiudizi reciproci. Si tratta di un appello all'unità che non  presenta novità dottrinali. Secondo Giovanni Paolo II è indispensabile  una "purificazione della memoria storica" per giungere ad un dialogo  libero e costruttivo tra le chiese cristiana. La Chiesa cattolica deve  dimostrare la centralità del suo impegno ecumenico. Per tutti i fedeli  la preghiera deve tornare ad essere il momento centrale della propria  vita religiosa.


Fides et ratio (15 ottobre 1998)

La tredicesima enciclica di  Giovanni Paolo II è senza dubbio una delle più conosciute e più  discusse. Fede e ragione sono per il Papa "le ali con cui lo spirito  umano si innalza verso la contemplazione della verità". Alla filosofia  moderna viene riconosciuto il merito enorme di aver incentrato la  propria attenzione sull'essere umano. Non c'è più motivo, secondo  Wojtyla, che fede e ragione siano in competizione tra loro. L'una è  nell'altra e l'uomo ha bisogno di entrambe. Ma la conoscenza ottenuta  attraverso la ragione ha valore soltanto se inserita nel più ampio  orizzonte della fede. E nella fede è importante rispettare il mistero.  Fides et ratio è un evidente richiamo alla centralità della religione,  ma è anche un esplicito appello a teologi e filosofi per un dialogo tra  fede e ragione.
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